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giovedì 27 ottobre 2016

TOP TEN - Perchè SVAPARE e non FUMARE

"Sicuramente ognuno di noi ha quell'amico che ogni volta che ci vede svapare ci guarda male, ci chiede se alla fine non è la stessa cosa, se alla fine si toglie una dipendenza per inserirne un'altra: Beh, ora vi passo i dieci punti da far leggere a chiunque mostri diffidenza o ci critica per la nostra fantastica passione, il VAPORE."

sex, fun, girl, fuck, sesso1. Smettere di fumare (qualunque sia il metodo) permette di migliorare la speranza di vita e la qualità della stessa (salute, respiro, sesso, pelle, gusto, olfatto…)



tossico, toxic, salute, health2. La sigaretta elettronica non contiene catrame, nessun ossido di carbonio, alcool, acetone, ammoniaca, né alcuna delle altre 4000 sostanze tossiche o cancerogene contenute in una sigaretta vera.



3. Smettere di fumare con la sigaretta elettronica è più facile e meno frustrante rispetto ad alcuni altri metodi: si continua a fumare (fumo innocuo), si mantiene un rituale e un’abitudine quotidiana che alle volte persiste da moltissimi anni. Si conservano i movimenti del corpo e il piacere visivo del fumo. La sigaretta elettronica permette inoltre di mantenere anche le nostre abitudini sociali. È possibile continuare a fare una pausa sigaretta con amici e colleghi fumatori senza alcuna frustrazione, e perché no, convincerli a trasferirsi al modello elettronico.

4. Fumare la sigaretta elettronica non è irritante per gli occhi, non emette odore e si può fumare in casa senza mettere in pericolo la salute dei vostri cari.





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5. La sigaretta elettronica è molto più economica delle vere sigarette. Il prezzo medio è inferiore a 100 euro. E ammortizzerete la spesa a partire dal primo mese: un fumatore medio fuma circa due cartucce al mese (20 pacchetti) e con la sigaretta elettronica saranno sufficienti 20 ricariche dal costo medio di circa 1,79€ . Quasi tre volte meno costoso di un pacchetto di Marlboro.

6. La sigaretta elettronica può essere utilizzata nella maggior parte dei luoghi pubblici legalmente.

7. La sigaretta elettronica non ingiallisce i denti o le unghie.

8. Non dovrete più guardarvi intorno alla ricerca di un accendino! Inoltre, le vostre tasche non saranno più gonfiate da grossi pacchetti di sigarette.

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9. La sigaretta elettronica non si accende e non si getta! La sigaretta è ecologica e non rischierete di generare alcun incendio nei boschi. 




10. Non avrete più bisogno di un posacenere: nessun cattivo odore di tabacco in casa vostra o sul tavolino del bar durante il vostro apertivo.

spunti da www.top-10.it

giovedì 21 gennaio 2016

I danni dell'alcol sul Cervello

ALCOOL: EFFETTI TOSSICOLOGICI E COMPORTAMENTALI




Introduzione
alcol, drink, alchool, drinks, party, bottleL’alcool la sostanza di abuso più diffusa e sicuramente la più utilizzata. L’alcool è una droga, la cui assunzione determina effetti ansiolitici che costituiscono un rinforzo positivo. Gli effetti immediati, infatti, sono sull’umore e comprendono maggiore rilassatezza, felicità, senso di benessere ed anche euforia. Gli effetti dell’assunzione di alcool comprendono inoltre la perdita della coordinazione motoria e distorsioni a carico del sistema percettivo, soprattutto visivo, ma anche uditivo e somatosensoriale. Tali effetti aumentano di intensità in funzione della quantità della dose di alcool assunta. Se tale dose supera un livello critico, che dipende da diversi fattori di cui si parlerà in seguito, gli effetti positivi dell’assunzione dell’alcool lasciano il posto a quelli negativi. L’assunzione di alte dosi di alcool, infatti, determina stato di incoscienza, coma o addirittura la morte. Inoltre alcune manifestazioni adattative del corpo, come il vomito, possono comparire: una delle cause di morte associata all’abuso di alcool è proprio la morte per soffocamento conseguente al vomito in stato di incoscienza indotto da assunzione di dosi elevate di alcool. Gran parte degli effetti sull’umore legati all’assunzione di alcool, sono legati alla sua azione inibitoria a livello cerebrale sui sistemi legati al controllo dell’inibizione.
Si è detto della spiccata variabilità negli effetti determinati dall’alcool nei diversi individui. Questa può dipendere da diversi fattori [2] fra cui:
  • peso corporeo: poiché una persona più pesante ha una quantità di sangue superiore ad un persona più magra, la concentrazione di alcool nel sangue sarà minore in una persona grossa, a parità della dose assunta;
  • sesso: il corpo delle donne contiene più grassi e meno fluidi rispetto a quello degli uomini; di conseguenza la stesa dose di alcool assunta risulta essere più concentrata nel sangue delle donne rispetto a quello degli uomini. Inoltre l’assunzione di alcool durante l’ovulazione e nei 2, 3 giorni prima della mestruazione produce effetti più rapidi. Le donne che assumono la pillola come contraccettivo non subiscono tale effetto;
  • età: le persone più giovani e più anziane metabolizzano l’alcool più lentamente. Di conseguenza la concentrazione di alcool nel sangue dopo l’assunzione rimane elevata più a lungo;
  • razza: esistono fattori di variabilità collegati alla reazione all’alcool per razze differenti. Per esempio molte persone di origine dell’est dell’Asia hanno un enzima che causa una reazione simil-allergica all’alcool;
  • modalità di assunzione: l’alcool è assorbito più lentamente a stomaco pieno;
  • tipo di preparati assunti: Alcuni preparati a base di alcool sono assorbiti più velocemente di altri. Per esempio i vini determinano un assorbimento di alcool più immediato rispetto alle birre. Le sostanze chimiche presenti nei vini, inoltre, accrescono la velocità dell’assorbimento, mentre lo zucchero in preparati dolci a base di alcool la rallentano.
L’alcolismo è la condizione patologica di abuso dell’alcool. Infatti, sebbene molti individui assumano saltuariamente dosi più o meno elevate di alcool senza diventarne dipendenti, l’assunzione prolungata e regolare di alcool può dare origine alla dipendenza. L’abuso di alcool determina modificazioni adattative a carico del sistema ‘gratificatore’ cerebrale che si occupa di processare i rinforzi naturali, implementato dal sistema mesolimbico e dalla via cortico-limbica; la conseguenza è l’instaurarsi di un comportamento di ricerca della sostanza e, pertanto, di dipendenza. L’alcolismo si può definire come un insieme eterogeneo di comportamenti che includono ogni condizione di assunzione di alcool e che provoca complicazioni mediche e/o sociali [cit. in 3]. In generale l’alcolismo è la conseguenza di una serie di fattori diversi tra loro, fra i quali il contesto sociale, condizioni psicologiche e predisposizione genetica. Le conseguenze fisiche del comportamento di abuso di alcool sono principalmente a carico del cervello e del sistema nervoso centrale in genere come conseguenza dell’azione tossicologica della sostanza. Altre conseguenze più propriamente fisiche sono a carico del fegato, con possibilità di sviluppo di patologie quali la cirrosi, per esempio, dello stomaco, del sistema cardiocircolatorio. L’alcolismo determina inoltre deficienza vitaminica, obesità, difficoltà nel comportamento sessuale, infertilità e problemi a carico di organi quali il pancreas, che si manifestano con pancreatiti di varia gravità. Le donne alcoliste in gravidanza partoriscono figli affetti da una sindrome denominata FAS (Foetal Alcool Syndrome), caratterizzata da difficoltà nella crescita, alterazioni a carico del sistema nervoso centrale, basso QI e malformazioni facciali. Inoltre il consumo di alcool anche a basse dosi determinerebbe un aumento della probabilità di incorrere in un aborto.

Fattori genetici
In una prospettiva genetica, Cloninger et al. [cit. in 3] distinguono due forme di alcolismo. Un tipo è associato ad un comportamento di abuso di alcool da parte dei genitori biologici, ma senza episodi di criminalità. Il secondo tipo di alcolismo è associato a episodi di criminalità e ad un comportamento di abuso di alcool da parte dei genitori biologici. Il primo tipo di comportamento si verifica sia negli uomini che nelle donne, si verifica in età relativamente avanzata ed è meno grave e di solito non associato a problemi sociali di tipo criminoso. Il secondo tipo si verifica più di frequente negli uomini, compare in età relativamente giovane, ha un decorso più grave ed è spesso associato a problemi sociali di tipo criminoso. La causa genetica dell’alcolismo trova la sua giustificazione nel fatto che la probabilità di diventare alcolisti è più alta per i figli di genitori alcolisti. E’ plausibile pensare ad una serie di geni che controllino la predisposizione all’alcolismo e non ad un solo gene. Studi su gemelli monozigoti ed eterozigoti mostrano che esiste una probabilità superiore di sviluppare il comportamento di abuso di alcool nei gemelli monozigoti piuttosto che in quelli eterozigoti, nonostante vi sia una probabilità anche in questi ultimi di diventare alcolisti entrambi. Sembra pertanto che, oltre alla componente genetica, il fenotipo sia ampiamente condizionato anche da condizioni ambientali. Gli studi familiari mostrano, inoltre, come il grado di alcolismo sia maggiore all’interno di famiglie di alcolisti che in quelle di non alcolisti. Infine gli studi sulle adozioni di individui che vengono separati dalla loro famiglia naturale alla nascita mostrano che i figli di genitori naturali alcolisti affidati a famiglie di non alcolisti hanno una probabilità maggiore di sviluppare un comportamento di abuso di alcool rispetto ai figli di genitori naturali non alcolisti.

Effetti acuti
L’alcool appartiene alla categoria delle droghe che svolgono un’azione inibitoria sul sistema nervoso centrale (SNC). Esso differisce da tutte le altre droghe cosiddette di abuso in quanto non ha uno specifico recettore localizzato nel cervello [4]. L’alcool agisce sui sistemi neurali che utilizzano diversi neurotrasmettitori interagendo con i canali ionici della membrana dei neuroni, in particolare con quelli del Calcio (Ca++) e del Cloro (Cl-). [5]. In generale l’alcool inibisce i recettori per i neurotrasmettitori eccitatori, mentre potenzia quelli dei neurotrasmettitori inibitori [5]. Per esempio l’alcool aumenta l’attività dei neuroni che utilizzano l’acido gamma amino butirrico (GABA) come neurotrasmettitore attraverso l’azione sui canali ionici correlati ad una sottopopolazione del recettore GABA-A. Inoltre l’alcool agisce anche sul neurotrasmettitore amminoacido eccitatorio glutammato attraverso l’inibizione del recettore NMDA (N-Metil-D-Aspartato) [4, 5, 6].
Diversi studi mostrano come gli animali da laboratorio si autosomministrino alcool [1]. Ciò significa che esiste un effetto di rinforzo positivo della sostanza che rende più probabile la successiva ricerca della sostanza dopo la somministrazione. Numerosi neurotrasmetitori, come la dopamina, la serotonina, il GABA e i neurotrasmettitori peptidici oppiacei sembrano coinvolti nel rinforzo generato dall’assunzione di alcool. Probabilmente ciò è dovuto al ruolo primario del rinforzo positivo che coinvolge il sistema dopaminergico, ma anche agli effetti ansiolitici della sostanza che induce un comportamento di ricerca dell’assunzione di alcool (alcool-seeking behavior).
E’ interessante notare come il rinforzo positivo legato all’assunzione acuta di alcool coinvolga anche il sistema degli oppiacei endogeni. Infatti, somministrando preventivamente droghe che bloccano l’attività della dopamina, si riduce l’autosomministrazione di alcool nei ratti. Di ciò si parlerà in seguito in modo più diffuso. Studi condotti su animali mostrano come l’alcool, in relazione alla dose assunta, possa stimolare l’attività locomotoria e determini un aumento di dopamina a livello del nucleo accumbens.
Altri studi si fondano sul modello genetico della preferenza per l’alcool. Secondo tale approccio si selezionano due popolazioni di ratti di cui una con preferenza per l’alcool. Successive verifiche sperimentali mostrano che nei ratti appartenenti alla popolazione con preferenza per l’alcool l’aumento del rilascio di dopamina conseguente a somministrazione acuta è maggiore che per l’altra popolazione [1]. Tale risultato suggerisce che l’attivazione dopaminergica del sistema mesolimbico è coinvolta nell’azione di rinforzo dell’alcool, anche se le precise modalità di tale interazione restano da chiarire.
L’alcool interagisce anche con il sistema neurale GABA-ergico in parti specifiche del cervello. Si suppone che anche il GABA sia coinvolto negli effetti di rinforzo positivo dell’alcool, probabilmente per il suo effetto inibitorio sul sistema nervoso centrale che determina una sedazione generalizzata ed effetti ansiolitici. Ciò è suggerito dal fatto che droghe che bloccano l’attività del GABA determinano una riduzione dell’assunzione di alcool in ratti selezionati per preferirlo, mentre droghe che aumentano l’attività del GABA agiscono come surrogato dell’alcool, mantenendo la preferenza e l’astinenza [7]. Inoltre un aumento delle fibre GABA-ergiche è stata osservata nei ratti selezionati per preferire l’alcool rispetto ai ratti selezionati per non preferirlo [8].
L’aumento dell’attività dei neuroni dopaminergici potrebbe altresì essere una conseguenza dell’aumento dell’inibizione GABA-ergica su altri sistemi inibitori che determinano una diminuzione dell’attività dopaminbergica dei neuroni dell’area tegmentale ventrale. In altre parole la diminuzione dell’inibizione GABA-ergica sui sistemi che inibiscono la produzione di dopamina ha come conseguenza un aumento dell’attività dopaminergica stessa [7]. La ricerca che supporta tale ipotesi, comunque, sembra essere equivoca. Infatti, mentre appare chiara la relazione fra i gli effetti di rinforzo dell’alcool ed i sistemi dopaminergici e GABA-ergici, resta da chiarire la relazione reciproca fra questi due sistemi al fine del rinforzo positivo determinato dall’assunzione acuta di alcool.
Anche la serotonina sembra avere un ruolo determinante negli effetti di rinforzo dell’alcool, sebbene il suo ruolo non sia ben chiaro come per la dopamina o il GABA. I ratti che mostrano di preferire l’alcool mostrano un livello di serotonina inferiore ai ratti che lo preferiscono [9]. Inoltre i pazienti alcolisti hanno un livello minore di serotonina rispetto ai non alcolisti [10]. Negli animali la somministrazione di droghe che aumentano il livello di serotonina a livello cerebrale riducono l’assunzione volontaria di alcool.[11]. Tale osservazione sembrerebbe indicare che, almeno in parte, gli effetti di rinforzo dell’alcool siano dovuti al suo effetto inibitorio sul sistema serotoninergico. D’altra parte però le evidenze in base alle quali la deplezione di serotonina causa una riduzione del consumo di alcool appaiono contraddittorie [1]. Così, mentre la serotonina sembra essere coinvolta nei rinforzi acuti dell’alcool, l’esatto meccanismo di tale coinvolgimento resta ancora da chiarire. E’ altresì possibile che i diversi effetti osservati siano la conseguenza dell’interazione dell’alcool con i sottotipi dei recettori per la serotonina nelle diverse regioni cerebrali.
Effetti cronici
L’assunzione di alcool prolungata nel tempo determina una serie di danni fisici agli organi interni nonché conseguenze sull’equilibrio biochimico delle cellule neurali che si ripercuotono sul comportamento [2]. In generale ciò che si osserva dopo assunzione prolungata è una tolleranza a tutti gli effetti comportamentali acuti [1]. La tolleranza si sviluppa nei confronti degli effetti motori, sedativi ed ansiolitici della sostanza, come si osserva in esperimenti su animali. Ciò significa che, a parità di dose assunta, tali effetti diminuiscono di intensità in funzione del tempo di assunzione. Negli essere umani ciò si dimostra osservando che l’alcolista aumenta la dose assunta nel corso del tempo. Il che significa che una dose maggiore di alcool è necessaria per produrre gli stessi effetti.
L’assunzione prolungata di alcool, in generale, determina una serie di disturbi fisici, che comprendono danni agli organi interni coinvolti nella modalità di assunzione (stomaco, fegato, pancreas e sistema cardiocircolatorio) che possono essere a medio-lungo termine, come la gastrite, o permanenti, come la cirrosi cronica a carico del fegato.
L’assunzione prolungata di alcool determina dipendenza. I neuroni coinvolti nell’azione tossicologica acuta, infatti, modificano in modo adattativo il loro equilibrio biochimico per mantenere il loro funzionamento anche in presenza della sostanza. La dipendenza si manifesta, a livello comportamentale, come ricerca della sostanza (craving) e sindrome d’astinenza nel caso si interrompa l’assunzione. Il craving si manifesta come un desiderio irresistibile di assumere alcool, mentre la sindrome d’astinenza è caratterizzata da un quadro comportamentale conseguente ad ipereccitabilità del sistema nervoso centrale. I sintomi più comuni sono: ansia, anoressia, insonnia, disorientamento e talvolta allucinazioni. In alcuni casi la sindrome d’astinenza può assumere connotati drammatici e viene definita delirium tremens. I sintomi più comuni del delirium tremens sono allucinazioni, disorientamento nel tempo e nello spazio e la comparsa di comportamenti irrazionali.
Di recente due sostanze, il Naltrexone l’Acamprosato, sono state proposte come sostanze cosiddette anti-craving, in grado cioè di alleviare i sintomi dell’astinenza e l’intensità del craving per l’alcool [12] . L’Acamprosato sembra abbassare la probabilità che vi sia una ricaduta dopo astinenza prolungata. Studi su pazienti in trattamento disintossicante mostrano che il 39% dei pazienti cui veniva somministrato acamprosato risultavano ancora astinenti dopo un anno, contro il 17% dei pazienti cui veniva somministrato un placebo. Nei roditori l’acamprosato riduce l’assunzione di alcool, mentre non interferisce con l’assunzione di altre sostanze neutre, come per esempio l’acqua. Pertanto sembra che l’acamprosato agisca selettivamente sul rinforzo positivo determinato dall’alcool. Inoltre tale effetto non è dovuto al fatto che l’acamprosato mima il rinforzo determinato dall’alcool. Infatti diversi studi dimostrano che l’acamprosato non sostituisce l’alcool in compiti discriminativi e non ha nessun effetto di rinforzo. Anche alcuni sintomi della sindrome d’astinenza, come iperattività ed ipertermia, sono ridotti dalla sostanza. L’acamprosato, a livello farmacologico, agisce riducendo l’aumento di L-glutammato nel nucleo accumbens, che si verifica durante la sindrome d’astinenza. Inoltre, nei ratti, l’acamprosato inibisce l’aumento dell’espressione del gene c-fos che si verifica durante l’astinenza, in molte regioni cerebrali, incluse l’ippocampo, il cervelletto ed il nucleo accumbens. L’acamprosato agisce in modo da prevenire la risposta condizionata all’astinenza da alcool. La sostanza riduce alcuni dei sintomi più gravi dell’astinenza dovuti all’ipereccitabilità neuronale, attraverso un’azione sul sistema GABA-ergico e sui canali ionici del Calcio. In altre parole l’acamprosato svolgerebbe la sua azione riducendo l’ipereccitabilità del sistema nervoso centrale tipica dello stato di astinenza da alcool. Inoltre l’acamprosato protegge dalla ricaduta che si può verificare dopo un periodo di prolungata astinenza.
In studi su animali l’autosomministrazione di alcool decresce in conseguenza della somministrazione di droghe che bloccano l’attività dei neurotrasmettitori peptidici oppiacei, mentre aumenta in conseguenza della somministrazione di droghe che mimano l’attività di tali neurotrasmettitori, suggerendo un ruolo di tali neurotrasmettitori nel rinforzo dell’alcool [1]. Negli umani l’interazione fra l’assunzione di alcool e il sistema degli oppiacei endogeni è dimostrata dal fatto che in soggetti ad alto rischio di alcoolismo l’assunzione di alcool aumenta il livello plasmatico di b -endorfina, mentre studi recenti dimostrano che nei topi selezionati geneticamente per avere un livello inferiore di b -endorfina, l’assunzione volontaria di alcool è minore del gruppo di topi non selezionati.
Il Naltrexone è un antagonista dei recettori oppiacei ed ha un effetto diretto sul comportamento di ricerca di alcool. E’ possibile che esso agisca sul sistema mesolimbico, a livello delle connessioni dopamenergiche che sono in stretto contatto con il sistema degli oppiacei endogeni. La somministrazione di naltrexone nei ratti determina una diminuzione del consumo volontario di alcool, mentre per gli esseri umani già dal 1980 è nota proprietà della sostanza di ridurre il consumo di alcool. Studi recenti dimostrano che la caratteristica del naltrexone di alleviare i sintomi dell’astinenza, in confronto ad un placebo, diminuisce in funzione del tempo di assunzione. In conclusione, in base a tali studi, il naltrexone blocca o attenua gli effetti degli stimoli condizionati preventivamente associati al consumo di alcool. Ciò significa che la sostanza elimina il comportamento di ricerca di alcool in quanto elimina il rinforzo della droga.
In relazione al rapporto fra oppiacei endogeni ed assunzione di alcool è da notare che, come osservano alcuni autori, le stesse droghe che bloccano l’attività degli oppiacei endogeni, sopprimono l’assunzione di cibo ed acqua, indicando che la loro azione sia collegata all’inibizione del comportamento alimentare in generale, piuttosto che sul consumo di alcool in specifico [13].

Riferimenti bibliografici



[1] US Congress, Office of Technology Assessment, Biological Components of Substance Abuse Addiction, OTA-BP-BBS-117 (Washington, DC: US Government Printing Office, September 1993).

[2] Alchool Concern. National Agency on Alchool Misure. London. Internet: alcoholconcern.org.uk.

[3] Johnson, K., "The Dopamine D2 Receptor as a Candidate Gene For Alcoholism" internet: javelin.commed.unsw.edu.au, 1996.

[4] Samson, H.H., and Harris, R.A., "Neurobiology of Alcohol Abuse," Trends in Pharmacological Science 13:206-211, 1992.

[5] Little, H.J., "The Role of Calcium Channels and Other Possible Mechanisms," J. Pratt (ed.), The Biological Basis of Drug Tolerance and Dependence (London: Academic Press, 1991).

[6] Simson, P.E., Criswell, H.E., Breese, G.R., "Inhibition of NMDA-Evoked Electrophysiological Actvity by Ethanol in Selected Brain Regions: Evidence for Ethanol sensative and Ethanol Insensitive NMDA-Evoked Response.," Brain Research 607:9-16, 1993.

[7] Harris, R. A., Brodie, M.S., Dunwiddie, TV.' "Possible Substrates of Ethanol Reinforceinent: GABA and Dopamine," P.W Kalivas and H.H. Samson (eds.), The Neurobiology of Drug and Alcohol Addiction, Annals of the American Academy of Sciences 654:61-69, 1992.

[8] Hwang, B.H., Lumeng, L., Wu, J.Y, et al., "Increased Number of GABAergic Terminals in the Nucleus Accumbens Is Associated With Alcohol Preference in Rats," Alcoholism 14:503-507, 1990.
[9] Murphy, J.M., McBride, W.J., Luming, L., et al., 'Regional Brain Levels of Monoamines in Alcohol Preferring and Non-Preferring Lines of Rats," Pharmacology, Bicochemistry, and Behavior 16: 145-149,1982.
[10] Ballenger, J., Goodwin, F., Major, L., et aL,"Alcohol and Central Serotonin Metabolism in Man" Archives of General Psychiatry 36:224227,1979.
[11] Koob, G.F., "Neural Mechanisms of Drug Reinforcement," P.W. Kalivas, and H.H. Samson (eds), The Neurobiology of Drug and Alcohol Addiction, Annals of the American Academy of Sciences 654:171-191, 1992.
[12] Spanagel, R., Zieglgansberger, W., "Anti-Craving Compounds: New Pharmacological Tools to Study Addictive Processes", Trends in Pharmacological Science 18:54-58, 1997.
[13] Liseman, M.A., Le, A.D., "Effects of Opioids on the Absorption of Alcohol", Pharmacology Biochemistry and Behavior 58:79-84, 1997.

mercoledì 12 agosto 2015

Fumare Cannabis non fa male

Lo rivela l'università di Pittsburgh, il cui studio è stato pubblicato su Psychology of addictive behaviors, dopo aver studiato le abitudini di un gruppo di 400 ragazzi dai 16 e i 36 anni.


L'affermazione è: fumare cannabis durante l'età adolescenziale non è nocivo per il fisico.

cannabis, marijuana, weed, canapaI ricercatori hanno studiato i comportamenti di circa 400 ragazzi dall'età di 16 a quella di 36 anni, e hanno affermato che il consumo della canapa non è correlato a malattie come tumore ai polmoni, asma o depressione.

20 anni di intenso lavoro, in cui Sono stati monitorati comportamenti e le condizioni di salute di 408 ragazzi maschi scelti in modo casuale. La finalità era verificare se consumando cannabis si fosse più esposti a sviluppare malattie di vario genere. 



LA RIVELAZIONE: "Quello che abbiamo trovato è sorprendente - spiega  Jordan Bechtold, psicologo e ricercatore al Medical center dell'ateneo di Pittsburgh - . Non ci sono differenze nelle condizioni fisiche o mentali fra persone che hanno fumato cannabis da teen ager e quelle che non lo hanno fatto".



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Il tema è delicato, molti stati nel mondo, come molti degli Stati Uniti, hanno legalizzato la coltivazione e l'uso ricreativo della Cannabis, e di conseguenza, hanno incrementato i livelli di ricerca sugli effetti benefici e non.



Molti stati si avvicinano alle nuove frontiere socio - economiche, che si rivelerebbero a seguito di una eventuale comunione tra stato e Cannabis: il fatturato lordo aumenterebbe in modo soddisfacente, viste le alte percentuali di consumatori di cannabis in ogni stato europeo.

"Con il nostro studio vogliamo contribuire al dibattito sulla legalizzazione della marijuana. E' un argomento delicato e un solo studio non può dare risposte", ha concluso il dottor   Bechtold.

mercoledì 8 aprile 2015

Le urine e gli asparagi, una coppia puzzolente.

Quante volte vi è capitato di chiedervi per quale motivo, dopo aver mangiato una bella vagonata di asparagi, le vostre urine puzzassero veramente troppo?

Beh, la spiegazione è scientifica, e a dir il vero, è anche molto discussa. 




gatto,pipì,urina,asparagi,animali,wc,waterE' noto che gli asparagi contengono una sostanza molto aromatica, detta appunto asparagina e che viene eliminata con l'urina, dandone il caratteristico odore.
L'Asparagina è un aminoacido a basso peso molecolare che dallo stomaco passa subito nel torrente circolatorio in 10 minuti e da qui al rene che lo elimina prontamente aromatizzando le urine emesse dopo poco tempo. E' comunque innocuo e blandamente diuretico.


Alcune teorie sembrano attribuire l'odore ad altre cause: effettivamente l'asparagina é un aminoacido non aromatico (in senso chimico), mentre è più plausibile che l'odore sia dovuto a composti contenenti zolfo (forse dei tioli o dei solfuri) e l'asparagina non è tra questi.


Asparagi,salute,cibo,verdura,medicina,pipì,urineAltre fonti, invece, sostengono che il cattivo odore della pipì NON sia dovuto all'acido aspartico (che non ha un buon odore, peraltro), ma alla formazione di tioesteri e tioli (S-tioacrilato di metile e metil-mercaptano soprattutto) a partire dall'idrolisi di un altro amminoacido contenuto nell'asparago, che è la metionina.

A conferma che il cattivo odore che assumono le urine dopo gli asparagi possa essere dovuto ad un composto dello zolfo volatile che viene prodotto dalla trasformazione di un componente degli asparagi ad opera di un'enzima, piuttosto che dall'asparagina o acido aspartico, c'è proprio il fatto che non tutti gli esseri umani hanno la capacità di effettuare tale trasformazione. Alcuni individui effettivamente possono mangiare vagonate di asparagi, senza subire la minima alterazione dell'odore delle urine.

Asparagi,salute,cibo,verdura,medicina,pipì,urine,uova

Deve esserci, insomma, una predisposizione genetica, infatti uno studio effettuato anni orsono, e pubblicato su Experientia (1990 circa), indagava proprio sull'espressione della proteina da parte del gene e sulla mancanza della stessa in alcune popolazioni, la cui pipì... dopo non puzza affatto.

martedì 7 aprile 2015

QUAL È O QUAL’È?

Vi siete mai chiesti quale fosse la forma più corretta?

Qui di seguito la risposta!

Lingua,italiana,italia,corretto,scuola,italiano


La grafia corretta nell’italiano contemporaneo è qual è, senza apostrofo.
La grafia qual’è, anche se molto diffusa, è scorretta, perché non si tratta di un caso di elisione, ma di ➔troncamento, dal momento che qual esiste come forma autonoma.
La grafia qual’è con l’apostrofo è presente nella letteratura del passato, anche recente
Qual’è il piacere che volete da me? (C. Collodi, Le avventure di Pinocchio)
Do un’occhiata alla casa e capisco qual’è la camera (F. Tozzi, Ricordi di un impiegato).
DUBBI
Naturalmente anche qual era si scrive senza apostrofo.
Invece qual’erano si scrive con l’apostrofo, perché viene da quali erano, con elisione di quali.



da treccani.it

domenica 25 gennaio 2015

Una Tabacchiera incorporata

Ciao ragazzi!



Voglio parlarvi di un curioso gadget che la natura ci ha gentilmente fornito.
tobacco, photo, hand, mano, anatomy, muscle, tabacchiera, medicine, medicina, tendon

Si tratta di una depressione triangolare che si trova lateralmente al dorso della mano. 


Prova ad aprire la mano più che puoi, estendi tutte le dita. Ora guarda alla la base del pollice, sul dorso della mano. 


Curioso? 

Grey, hand, mano, anatomy, muscle, tabacchiera, medicine, medicina

Quella fossetta, chiamata Tabacchiera Anatomica, è formata da 3 tendini che originano dall'avambraccio e vanno ad inserirsi in determinati punti della mano. 


Si tratta dei tendini dei muscoli: Estensore lungo del pollice, Estensore breve del pollice ed Abduttore lungo del pollice. 


Già tra il quindicesimo e sedicesimo secolo, Cristoforo Colombo, documentò la pratica dell'utilizzo del tabacco per via nasale, il così detto tabacco da fiuto. 



Nel 1561 Jean Nicot, l'ambasciatore francese a Lisbona, inviò a Caterina de' Medici del tabacco da fiuto (snuff, nel gergo) per curare la persistente emicrania di suo figlio. Lei credeva nelle proprietà curative di questo prodotto e lo rese popolare tra i nobili europei. 




La tabacchiera anatomica era, ed è tuttora, una delle parti della mano più utilizzate come supporto per l'uso dello snuff, insieme al pollice-indice o alla superficie cutanea dei muscoli interossei dorsali tra pollice e indice. 




Diffidate dai "giocattoli" da tabaccaio, supporti o oggetti da fiuto, ma ricordatevi che la natura ha già pensato a tutto!
(Se proprio dovete!!)


snuff, tabacco, tobacco, fiuto, old, man, cigarette

giovedì 7 agosto 2014

Il motore senza carburante contro le leggi della fisica.

ROMA – 

Un motore a microonde che non ha bisogno di carburante. Il nuovo motore messo a punto dagliscienziati della Nasa si chiama “Cannae Drive” e sfida le leggi della fisica, ricordando più la nave spaziale di Star Trek che gi attuali shuttle. Un motore “impossibile” secondo gli 

scettici, ma che potrebbe essere perfetto per le future missioni spaziali, ad iniziare dai viaggi su Marte.


Antonio Lo Campo su La Stampa scrive:



È la nuova creatura della Nasa, ancora in fasce, ma dalle immense potenzialità. Chiamata «Cannae Drive», è stata testata negli Eagleworks Laboratories e ha prodotto tra 30 e 50 micronewton di spinta. Si tratta di una quantità di energia minima, tra lo 0.03 e lo 0.05 per mille della forza generata da una mano per afferrare un iPhone, ma, comunque, reale. Ed è l’esistenza di questa frazione che ha fatto gridare gli scienziati e gli ingegneri americani al miracolo”.



Il motore è in grado di convertire l’energia elettrica in una spinta e per Giancarlo Genta, professore del dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale al Politecnico di Torino e studioso di propulsione spaziale, si tratta di una grande scoperta:

“«E’ un progetto che, se davvero si realizzasse, sarebbe una delle più grandi scoperte di sempre. D’altra parte c’è ancora scetticismo attorno a questa idea, perché, almeno in apparenza, questo propulsore vìola le leggi di conservazione dell’energia e della quantità di moto»”.



“Un motore impossibile”


Anche se c’è chi l’ha definito “motore impossibile”, gli scienziati della Nasa sono ottimisti:



A differenza dei motori tradizionali, che processano enormi carichi di propellente, il nuovo metodo sfrutta un sistema elettrico con cui generare una serie di microonde: queste, vengono sparate all’interno di un contenitore, dove si creano forti differenze di pressione e fasci di radiazione molto potenti in grado, così, di creare la spinta per muovere il veicolo spaziale”.






Il Cannae Drive, chiamato così in onore della battaglia di Canne, in cui Annibale con un piccolo esercito sconfisse quello romano, non è comunque il primo del suo genere:



“Nuove generazioni di motori a funzionamento elettrico e a ioni vengono sperimentati da un po’ di tempo (un esempio è la sonda lunare europea, la «Smart 1»). Al momento uno dei più promettenti è quello progettato da un ex astronauta: è il «Vasimr», del team di Franklin Chang-Diaz, protagonista in sette missioni shuttle. Il propulsore si basa sull’emissione a impulsi di getti di plasma, garantendo, almeno in teoria, super-prestazioni per muoversi rapidamente nel Sistema solare”.


Da blitzquotidiano.it